RUBINO

Gli antichi lo chiamavano ‘carbonchio’

perché il suo colore ricorda quello dei carboni ardenti.

È prezioso e molto imitato: i più ingannevoli sono i rubini sintetici.

Il rubino è una varietà di corindone di colore rosso o rosso porpora. Il suo nome deriva infatti dal latino ruber o rubeus, che significa rosso, ma il termine rubino comparve solo nel tardo medioevo; precedentemente infatti questa pietra preziosa veniva chiamata carbonchio per via del suo colore, che fa pensare ai carboni accesi. Si dice che protegga in particolare i nati nel mese di luglio e che abbia il potere di calmare le passioni e di far rimarginare le ferite. Le caratteristiche Come tutti i corindoni il rubino ha durezza 9 della scala di Mohs, ma la presenza della pseudosfaldatura può creare problemi di fragilità. Il colore non appare lo stesso da tutti i punti di osservazione: varia dal rosso violaceo a un rosso leggermente giallognolo. Spesso nei rubini sono presenti finissime inclusioni di rutilo (minerale costituito da biossido di titanio) orientate in modo geometrico a formare un fitto reticolato che, in idonee condizioni, riflette la luce formando nettamente una luminosa stella a sei punte. Il fenomeno, che si evidenzia tagliando la gemma a superficie curva (cabochon), viene detto asterismo. Se le inclusioni sono tutte parallele si ha un’unica striscia e il fenomeno viene detto gatteggiamento. Se infine le inclusioni sono disordinate si nota un riflesso interno madreperlaceo, detto seta.

Fenomeno di asterismo in un rubino cabochon

Origine e giacimenti

Il rubino si forma di preferenza (ma non esclusivamente) nei marmi, rocce metamorfiche costituite da carbonato di calcio originatesi per temperature e pressioni piuttosto elevate. Non viene estratto direttamente dalla viva roccia, ma dalle alluvioni ghiaiose provenienti dall’erosione delle montagne. In tal modo il lavoro è più facile e meno pericoloso. I più importanti paesi produttori di rubini sono in Asia: Birmania, Sri Lanka, Thailandia e Cambogia. In Sri Lanka le ghiaie gemmifere si trovano nei pressi di Ratnapura (che in singalese significa ‘città delle gemme’), nella parte sud occidentale dell’isola; in Birmania nella valle dell’Irawaddi, nei pressi di Mogok, a nord di Rangoon; in Thailandia a sud-est di Bangkok, nella zona di Chantaburi. Rubini opachi, ma di buon colore e di grandi dimensioni, si trovano anche in Africa, nella Tanzania settentrionale.

Un rubino in calcite

Il taglio e i falsi

I rubini trasparenti si taglino solitamente a faccette, mentre per i traslucidi si preferisce la forma curva (cabochon). I rubini di grandi dimensioni, come quelli della Tanzania, si prestano anche per lavori di intaglio. Come tutte le gemme preziose, anche il rubino vanta un gran numero di imitazioni, che spesso possono essere identificate solo dagli esperti. L’unica gemma naturale che può assomigliare al rubino è lo spinello nobile, che però è di un rosso più chiaro, meno intenso. I falsi più comuni sono rappresentati dal vetro, dalle ‘doppiette’ (due parti incollate insieme) e dal quarzo tinto. Ma soprattutto va tenuto presente il rubino sintetico: fabbricato da circa un secolo, è il più insidioso concorrente del rubino naturale. Tanti ‘anelli della nonna’ conservati con grande venerazione portano spesso incastonati questi rubini sintetici.

Carta d’identità del rubino

(varietà di corindone)

Classe ossidi

Sistema cristallino trigonale

Formula chimica A l2 03 con Cr

Durezza 9

Densità 4,97-4,04

Sfaldatura pseudosfaldatura

Frattura concoide irregolare

Colore rosso

Colore della polvere bianco

Lucentezza da vitrea a quasi adamantina

Fluorescenza spesso rossa

Un record: 140 carati

I rubini trasparenti sono sempre piuttosto piccoli: una gemma di 10 carati è già eccezionale. Ecco perché si reputano straordinari rubini come il Rosser Reeves Ruby di 140 carati, conservato alla Smithsonian Institution di Washington, oppure come il Long Star Ruby, un rubino stellato di 100 carati esposto al Museo di Storia Naturale di New York. Molti grossi rubini di oltre 40 carati ciascuno sono invece conservati a Teheran, presso la Banca Markazi. insieme a migliaia di altre gemme preziose, essi costituiscono il favoloso tesoro dell’iran.

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